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22/07/17

Marco #Travaglio - Ladro è bello

Marco #Travaglio - Ladro è bello


Evviva, erano solo ladroni! Evviva, non erano anche mafiosi! Evviva, a Roma la mafia non c’è! Erano tutte calunnie contro la nostra bella Capitale morale! E ora, per favore, fuori dai coglioni quei pericolosi incensurati dei 5 Stelle! Aridatece i puzzoni che, poveretti, si limitavano a rubare!
Uno legge i titoli e gli articoli di giornalini&giornaloni sulla sentenza del processo all’ex Mafia Capitale, ora derubricata a Tangentopoli Capitale e, pur abituato a tutto, non può far altro che scompisciarsi. Sia per i delirii dei garantisti all’italiana che esultano come se avessero vinto la bambolina, sia per quelli speculari e contrari dei vedovi inconsolabili dell’associazione mafiosa, caduta nel giudizio di primo grado. Noi abbiamo sempre pensato e scritto, dopo i due blitz del 2014 e del 2015 con decine di arresti e centinaia di indagati per associazione mafiosa, corruzione, concussione, turbativa d’asta, estorsioni e altre delizie, che il sacco di Roma perpetrato per almeno un decennio da destra&sinistra fosse ampiamente provato da fotografie, filmati, intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e testimonianze. E che, come in ogni processo, la qualificazione giuridica dei fatti si prestasse a diverse letture, che dipendono dal libero convincimento di ogni giudice e anche dalla vetustà e ambiguità delle norme sull’associazione mafiosa rispetto alle evoluzioni sempre nuove del malaffare. Dunque nessuno poteva né può dire con certezza né che quella banda di criminali non sia mafia, né che lo sia.
L’associazione mafiosa non è un’invenzione della Procura: è stata confermata in varie pronunce cautelari e anche di merito da diversi giudici “terzi” (gip, gup, Riesame, addirittura Cassazione) e negata da altri (in ultimo dal Tribunale che per ora ha l’ultima parola e dunque, per convenzione, ha ragione). Ma quando i giudici dicevano “sì mafia”, venivano da molti bollati come “appiattiti sui pm” e “servi della Procura”, mentre ora che il Tribunale dice “no mafia” viene da molti applaudito come “garantista” e “coraggioso”. Infatti il Foglio di Ferrara e del rag. Cerasa – celebri per attaccare qualunque indagine o processo e difendere qualunque condannato dell’orbe terracqueo (salvo ci siano di mezzo i 5Stelle) – si spellava le mani per lo “splendido giudice che con coraggio ha cancellato” il 416-bis. Oh bella, e da quando in qua il Foglio prende per buona una sentenza? Solo quando gli dà ragione, non fateci l’abitudine. Se lo splendido giudice che con coraggio ecc. avesse confermato il 416-bis, sarebbe uno dei tanti brutti, sporchi, cattivi e “appiattiti”.
Tipo quelli che hanno osato condannare Contrada, Dell’Utri e altri idoli di Ferrara e del suo ragioniere. L’altra faccia della medaglia è Repubblica che, dopo tanti romanzi criminali ed elogi alla Procura di Roma – roba seria grazie all’infallibile Pignatone che fa solo i processi vinti in partenza, quelli provati e straprovati, mica come certi scavezzacollo giustizialisti di Palermo ieri e di Napoli oggi -, ora fatica a spiegare perché Dell’Utri e Cosentino sono dentro per mafia e Carminati esce dal 41-bis perché non è mafioso. Poi ci sono i giornali terzisti, cioè furbastri, tipo Stampa e Messaggero, che mai osarono criticare Pignatone prima e neppure osano oggi, figuriamoci: in compenso dicono che questa è una lezione ai 5Stelle che osavano parlare di mafia (loro, mica la Procura) e addirittura vincere le elezioni con la Raggi al grido di “onestà” (slogan insensato, visto che a Roma non si mafiava, ma solo si rubava: quindi ripetiamo le elezioni e richiamiamo in servizio i ladroni).
Quando finalmente qualcuno scoprirà la differenza tra verità processuale e verità storica, sarà sempre troppo tardi. Ma i politici ladri hanno provocato anche questo danno: fare un tutt’uno della cronaca politica e di quella giudiziaria, autorizzando commentatori politici che non distinguono un processo da un paracarro e un’aula di giustizia dalla buvette di Montecitorio a improvvisarsi giureconsulti.
Come se un critico televisivo commentasse le ricette di Cracco e un cronista di ippica analizzasse la manovra finanziaria. Questi giuristi per caso confondono i processi con le elezioni e le partite di calcio: uno vince e l’altro perde. Pensano che, se il pm ipotizza un reato e il giudice opta per un altro, il primo ha sbagliato e il secondo ha ragione. Non sanno che la giustizia è una convenzione dove l’ultimo magistrato che parla prevale sul precedente, ma nessuno può dire chi ha ragione e chi ha torto. E le indagini e i processi servono a stabilire se un delitto è stato commesso; e, se sì, di quale reato si tratta; e se il sospettato lo ha commesso per davvero o, meglio, se esistono prove sufficienti per condannarlo.
Certo, ci sono anche sentenze che smentiscono i pm: quelle che affermano che si è preso il colpevole sbagliato, o che il delitto non è stato commesso. Ma sono rare e non c’entrano con l’ex Mafia Capitale. I fatti erano straprovati. I pm e alcuni giudici, visti i metodi violenti e intimidatori usati da alcuni imputati, li hanno ritenuti sufficienti per l’accusa di associazione mafiosa, il Tribunale no (anche se non si è mai sognato di negare che a Roma la mafia esista: esistono – come a Milano, a Torino, a Reggio Emilia, non solo al Sud – cosche mafiose, camorriste, ’ndranghetiste, nomadi e autoctone che controllano traffici illeciti e illeciti, ma non erano oggetto di questo processo). E dalle motivazioni sapremo perché (magari perché del metodo violento e intimidatorio tipico del 416-bis esistono alcuni indizi, ma non la prova piena). Poi seguiranno l’appello e la Cassazione. Ma non sposteranno di un millimetro la sostanza dei fatti, cioè il monumentale latrocinio perpetrato ai danni della Capitale: potranno solo confermare o smentire il no all’associazione mafiosa, interpretare una tangente come corruzione o concussione o traffico d’influenze. E nulla più.
Cos’è dunque questa isteria collettiva, fra chi esulta e chi si straccia le vesti? Da che mondo è mondo, il pm propone e il giudice dispone. Se il giudice desse sempre ragione al pm, non ci sarebbe bisogno dei processi: basterebbero le indagini, come nei regimi autoritari. Gli unici che oggi hanno il diritto di gioire sono gli avvocati di Buzzi, Carminati & C. che, anziché negare tutto, anche l’evidenza, avevano onestamente impostato le difese sull’assioma “ladri sì, mafiosi no”, ora riconosciuto dal giudice. Ma i politici e i giornalisti, che dovrebbero badare ai fatti anziché ai distinguo giuridici, che avranno da festeggiare?
Buzzi e Carminati facevano il bello e il cattivo tempo in Comune e in Regione, nelle municipalizzate e nelle imprese, col Pd e col centrodestra, e si sono beccati 19 e 20 anni di carcere: qualcuno ne risponderà?
Odevaine era il capogabinetto del sindaco Veltroni, poi il capo della Polizia provinciale del presidente Zingaretti, poi il coordinatore richiedenti asilo di Alfano, e s’è beccato 8 anni. Nessuno ha nulla da dichiarare?
Gramazio era il capogruppo del centrodestra in Regione e s’è beccato 11 anni: niente da dire?
Panzironi era il capo dell’Ama col centrodestra e s’è beccato 10 anni: tutto normale?
Coratti era il presidente Pd del Consiglio comunale, cioè decideva gli ordini del giorno, le cose da discutere e le cose no, e si è beccato 6 anni: tutto ok?
Tassone, minisindaco Pd di Ostia, s’è beccato 5 anni: quisquilie?
I partiti che li hanno candidati, nominati, fatti eleggere, promossi e premiati malgrado fossero tutti chiacchieratissimi, quando avranno finito di discettare sul 416-bis, ci diranno qualcosa sulla selezione della loro classe dirigente?

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