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04/06/12

calano le oafferte al terzo settore,ma c'è anche un magnamagna spaventoso,soldi che diamo e non arriavano,nessuna trasparenza,infattio io non do più niente,se non in diretta,ossia do a chi ha bisogno se in quel momento ho,ma basta alle fondazioni,alla caritas e a tutti quelli che prima si servono loro e se avanza danno ai bisognosi



le donazioni di noi privati che vanno nel calderone e poi chi s'è visto s'è visto,io davo per la raccolta telecom,poi ho dato per l'aquile e per  altro,ma adesso basta,non c'è traparenza,i soldi li maneggiamo i soliti,e poi se li destino a questo o altro là devono andare,invece vanno dove chi comanda decide, insomma dove vanno?allora io do a modo mio e materiale non più soldi,ad esempio ogni mese dono al canile scatolette di cibo,visto che vanno a crocchette o pane ecc, almeno se c'è un cagnotto malato ha del cibo nutriente,magari se ho vestiario buono ecc lo dio a gente che ne ha bisogno,ma non alla caritas, e via dicendo,bisognerebbe fare centri di raccolta laici che destinano le cose o soldi a chi ne ha bisogno, se li dai alla chiesa sappiamo a chi vanno a chi non ha bisogno, e alle manifestazioni papali e cardinalizie ed altro che con la povertaà nulla ha che fare,se lo dai allo stato trovi sempre un bertolaso che si fa fare massaggi o un primo ministro che vola con le solite mignotte, allora la carità che è necessaria  e mai deve finire si fa da noi e per noi,non ci vuole molto,nei paesi si sa chi ha bisogno,mio zio negli anni 50 in inverno preparava con sua mogli dei sacchi e ci metteva olio,legumi,farina e varie cose e poi li mandava ai poveretti,perchè tutti sapevano chi erano i poveri,io faccio oggi dopo i bertolaso ,i berlusconi e i bossi, i lusi,i belsito,la stessa cosa, do a chi ha bisogno,mentre la chiesa sceglie chi le appartiene e non chi ha bisogno,lo stato come la mafia ci mette il pizzo,solo che lo prende chi maneggia i soldi e chi ci lavora,dunque poi scosa arriva a chi ha bisogno

 

La crisi riduce la generosità: diminuite del 26% le donazioni al Terzo Settore

Secondo l'indagine Non Profit Report calano i fondi concessi da aziende, fondazioni ed enti della pubblica amministrazione. Anche se i cittadini privati "solidali", pur dando meno denaro, aumentano. In ogni caso serve un cambio di strategia: "Bisogna puntare sulla raccolta online"
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Il Terzo settore è uno dei pilastri dell’economia italiana: muove un giro d’affari di 67 miliardi di euro e spesso supplisce alla carenza di servizi essenziali, causata dai tagli al settore pubblico e dalle crescenti difficoltà del settore privato. Il no profit si regge essenzialmente sulle donazioni, alle quali gli italiani si mostrano ancora sensibili. Ma la crisi intacca anche le migliori intenzioni e per mantenere questo circolo virtuoso è necessario ripensare le strategie di comunicazione, per coinvolgere sempre più cittadini, soprattutto i più giovani. A rivelarlo èNon Profit Report, la prima indagine online sul Terzo settore, realizzata da ContactLab in collaborazione con Vita Consulting.
Il peggioramento della condizione economica generale pesa, anche secondo il portavoce del Forum del Terzo Settore, Andrea Olivero: “Dai dati in nostro possesso emerge un rallentamento: calano le donazioni da parte di imprese e soggetti pubblici, mentre per quanto riguarda le offerte dai privati l’andamento è in flessione, ma la situazione è recuperabile”. Nel 2011, a quanto rivela lo studio condotto dall’Istituto italiano per la donazione su un campione di 163 onlus, i fondi destinati al Terzo settore da cittadini e imprese sono diminuiti del 26% rispetto all’anno precedente e il numero delle organizzazioni no-profit che hanno migliorato le proprie entrate a bilancio è diminuito del 21%.
A calare sono soprattutto le donazioni dalle aziende, dalle fondazioni e dalla pubblica amministrazione, mentre i cittadini privati continuano a sostenere il Terzo settore con la loro generosità: cresce infatti del 22% la percentuale di organizzazioni senza scopo di lucro che dichiara di avere ricevuto più fondi dai cittadini rispetto alle altre fonti. “Sotto questo profilo non siamo sfiduciati – spiega Olivero – Il numero dei donatori privati resta abbastanza ampio, anche se non cresce più: e questo è un problema in un Paese come il nostro, in cui la propensione al dono è abbastanza bassa. In tempi di crisi, poi, le organizzazioni no-profit hanno molto più lavoro, per supplire ai servizi carenti o per venire incontro a situazioni di estrema povertà”.
Il panorama del Terzo settore è estremamente variegato: secondo i dati Istat, in Italia esistono oltre 235mila organizzazioni, pari al 5,4% di tutte le unità istituzionali, che danno lavoro a 488mila persone, oltre a contare su un esercito di 4 milioni di volontari. La ricerca sul valore economico del no profit in Italia, realizzata da Unicredit Foundation nel gennaio 2012, rivela che il volume di entrate è pari al 4,3% del Pil: un dato ancora più significativo se si aggiunge la quantificazione del risparmio derivante dalle ore di lavoro messe a disposizione dai volontari, e del benessere apportato a chi ha beneficiato del loro aiuto.
Ma chi sono i donatori e da cosa sono motivati? Dal recentissimo Non Profit Report emerge che chi è abituato a donare continua a farlo, senza farsi scoraggiare dalla crisi, ma magari devolvendo somme inferiori. Anzi, i donatori occasionali sono aumentati (dal 30% del 2010 si passa al 33% del 2011), mentre il 44% degli intervistati (gli utenti contattati sono 32mila) si definisce un donatore abituale. I canali privilegiati sono la destinazione del 5 per mille alle onlus (effettuata dal 75% del campione, di cui il 27% sceglie sempre la stessa associazione), e le donazioni online, preferite da metà degli intervistati (contro il 40% del 2010). Tengono gli sms, ai quali si ricorre più spesso durante le emergenze umanitarie: particolarmente interessate a questo strumento sono le donne, tra le quali il 61% sceglie gli aiuti all’infanzia.
La tenuta del privato, però, non basta a compensare il calo delle offerte da parte delle imprese. “Nel 2011 la flessione è stata abbastanza netta, nell’ordine del 20% – spiega Olivero – Le ragioni, per quanto riguarda le aziende, sono essenzialmente legate al calo degli utili. Poi c’è il problema delle fondazioni, che hanno ridotto le erogazioni in maniera significativa a partire dallo scorso anno; stessa tendenza per gli enti pubblici, come i Comuni, che hanno dovuto tagliare i fondi per il Terzo settore per mancanza di risorse. Tutto questo incide in maniera consistente”.
Urge quindi un cambio di strategia per evitare che il no profit venga travolto dalla crisi generale. Tra i problemi più gravi, il Forum segnala la concorrenza sempre più forte tra organizzazioni che trattano gli stessi temi, e lo scarso ricorso a strumenti di raccolta fondi online, a fronte di un uso abbastanza intenso del mailing, elettronico e cartaceo, nonostante quest’ultimo appaia “sempre meno strategico”. E anche dall’indagine sugli utenti emerge che internet e i social network sono la chiave che il Terzo settore deve usare per conquistare i sostenitori più giovani. Tre intervistati su dieci, in maggioranza tra i 18 e i 44 anni, hanno dichiarato di usare Facebook e gli altri social network per condividere informazioni e newsletter delle onlus con cui sono in contatto.
“Bisogna puntare sulla raccolta online, in grado di raggiungere anche le fasce meno sensibilizzate – concorda il portavoce del Forum del Terzo settore – Ma è molto importante anche garantire una relazione fiduciaria tra il donatore e l’organizzazione: l’offerta viene ripetuta se l’Ong è in grado di illustrare la sua attività. Con questo tipo di rapporto si riesce a far sì che i cittadini restino disponibili a dare il loro contributo”.
11:23 Scritto da: annaquercia

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