(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La Lubjanka è il palazzone di Mosca che dal 1918 ospita i servizi segreti russi: prima Ceka, poi Gpu, poi Nkvd, poi Kgb, oggi Fsb. Famigerata per gli arresti di massa, le grandi purghe, le torture e i brutali interrogatori dei dissidenti poi deportati in Siberia (Solženicyn immortalò il tutto in Arcipelago Gulag), è il simbolo del terrore sovietico e postsovietico, tanto che i moscoviti non hanno mai smesso di ironizzare: “La Lubjanka è il palazzo più alto di Mosca perché da lì si vede direttamente la Siberia”. Mai avremmo immaginato di risentirla evocare oggi: non a proposito dei modi un po’ ruvidi di Putin, ma dei terribili inquisitori che indagano sul caso Consip. Il merito dell’inaspettata denuncia va al samizdat nostrano, diretto dal rag. Claudio Cerasa e ridotto alla clandestinità dall’occhiuto regime poliziesco della Repubblica delle Procure, oltreché dall’odiosa congiura dell’intero popolo italiano che si ostina a non acquistarlo e soprattutto a non leggerlo: Il Foglio –
scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 9 marzo 2017, dal titolo “La Lubjanchi” –.Con grave sprezzo del pericolo e soprattutto del ridicolo, il quotidiano clandestino raccoglie il grido di dolore di uno dei tanti perseguitati dalle purghe giudiziarie: l’avvocato Alberto Bianchi che, essendo “tipo notoriamente schivo e riservato”, regala all’amorevole intervistatrice Annalisa Chirico appena quattro colonne di piombo d’intervista (fosse esuberante ed estroverso, non basterebbe una Treccani).
Ed eccoci alla Lubjanka, anzi Lubjanchi: siccome alcuni osservatori, da l’Espresso al prudentissimo Antonio Polito del Corriere, sollevano dubbi sui conflitti d’interessi dell’avv. Bianchi, questi si sente vittima del “sillogismo della Lubjanka”.
“La cronista – annota sbigottita la Chirico – è colta alla sprovvista”, anche perché il nostro avvocato dall’“aspetto algido e austero” di solito “evita i cronisti”. Pazienza, con lei avrà fatto un’eccezione, forse perché Annalisa di lui sa proprio tutto, persino cosa tiene nel cassetto del guardaroba (“i gemelli che esibisce ai polsi, ne possiede a iosa”, e chissà lei come fa a saperlo, ah saperlo).
Dicevamo del sillogismo della Lubjanka che “il petalo pistoiese del ‘Giglio magico’, oggetto dei desideri di lobbisti e imprenditori” (ovviamente respinti con perdite) e delle croniste del Foglio (un po’ meno), “dopo 62 anni trascorsi placidamente nel quasi completo anonimato, nella routine del contado, con un matrimonio annullato e zero figli”, ci “illumina” così: “Funziona in tal guisa: tu sei nominato da Renzi in Open e Marroni da Renzi in Consip/tu sei nominato legale di Consip da Marroni/ergo tu fai gli interessi del nominante (Renzi) in Open e Consip”.
E si sa: “Gli interrogatori degli oppositori al regime sovietico si svolgevano secondo analoghi sillogismi”. Più che un sillogismo, una supercazzola che proviamo a tradurre in italiano, a costo di incorrere in una di quelle “gigantesche invasioni della privacy a puro scopo scandalistico, senza rispetto per l’intimità e la vita famigliare” che lo schivo avvocato lamenta per babbo Renzi, uomo “di specchiata onestà”. Bianchi fa l’avvocato a Firenze ed è vicino alla Dc, poi alla Margherita. Nel 2001 Tremonti (governo B.) lo nomina liquidatore di Efim. Nel 2012 Renzi, sindaco di Firenze, lo nomina presidente della Fondazione Big Bang (poi Open), nata nello studio Bianchi per raccogliere fondi per la sua corrente e le Leopolde. A proposito di “gemelli a iosa”, Bianchi ha pure un fratello, Francesco: Renzi lo fa commissario al Maggio Fiorentino. Nel 2014 il premier Renzi piazza Alberto nel Cda di Enel. Intanto lo schivo e algido avvocato si mette in società con Marco Carrai, di cui è testimone di nozze con Matteo. E fa il consulente per società pubbliche controllate dal governo Renzi (Fs, Consip ecc). Consip, guidata dal renziano Luigi Marroni e anche prima, gli paga 340 mila euro di parcelle in tre anni. Ora si scopre da un’intercettazione che l’anno scorso Palazzo Chigi (regno di Renzi e Lotti) chiamò Marroni per salvare le coop rosse Cns e Manutencoop che, dopo la sanzione del Garante del mercato per aver fatto cartello in una gara, secondo le regole Consip dovevano essere escluse da un nuovo appalto da 532 milioni. “Questa cosa – dice Marroni – l’ho affidata all’avv. Bianchi… Se condividiamo la scelta con Bianchi, lui è amico di Palazzo Chigi e gliela spiega lui”.
Cioè: il cassiere di Renzi riceve incarichi da Renzi e segue le imprese interessate agli appalti Consip; chissà se poi queste, riconoscenti, finanziano la fondazione di Renzi. Lo fece Alfredo Romeo con 60 mila euro nel 2013, quand’era condannato in appello per corruzione (non ancora assolto in Cassazione e non ancora riarrestato per corruzione). E lo fece Salvatore Buzzi con almeno 5 mila euro (restituiti dopo la retata di Mafia Capitale). Degli altri non si sa, perché – spiega Lubjanchi – la normativa sulla privacy consente al finanziatore di una fondazione di non essere disclosed senza esplicita autorizzazione. Open si attiene alla legge vigente. Cambino la legge e ci adegueremo”.
Purtroppo Matteo, in tre anni, s’è scordato di cambiarla: vorrebbero tanto, lui e Bianchi, rivelarci i non disclosed che li finanziano, ma proprio non possono. C’è, è vero, la questioncina del collettore di fondi per Renzi che riceve da Renzi e dai suoi amici incarichi da cui dipendono affari di gruppi privati che finanziano o potrebbero finanziare Renzi tramite Open o pensano di finanziare il babbo con 30 mila euro al mese. Ma ragionando “in tal guisa” si dà “la stura all’inarrestabile cultura del sospetto onnipervasivo, anticamera della tirannia” e soprattutto della Lubjanka.
Basta un niente e da Arcipelago Gulag, con tutti quei gemelli a iosa, più un fratello e qualche babbo, ti ritrovi in Arcipelago Consip.