Il cosiddetto canone di abbonamento speciale è quello dovuto dai detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico, o “comunque fuori dall’ambito familiare” (d.lgs. ltn. N. 458 del 1944), a prescindere dall’uso che di tali apparecchi viene fatto.
In precedenza, invece, gli importi del canone speciale (superiori a quelli del canone ordinario) erano dovuti soltanto dagli esercizi pubblici, o meglio da quei soggetti che attraverso la diffusione dei contenuti radiotelevisivi potevano trarre direttamente o indirettamente un vantaggio economico (regio decreto legge n. 1917 del 1925).
La l. n. 488 del 1999 individua tutte le categorie di soggetti oggi tenute al pagamento del canone, con i relativi importi.
A titolo di esempio, un residence a tre stelle deve versare circa 1000 euro annuali, uno studio professionale a 200 euro, un ufficio di una azienda 400 euro.
Negli ultimi giorni le fonti di stampa riferiscono che la RAI ha inviato a migliaia di imprese e partite IVA una lettera contenente: informazioni sul canone speciale, un bollettino precompilato per l’eventuale assolvimento dell’onere tributario, un modulo per l’eventuale esonero dal pagamento. Analoga campagna informativa fu condotta dalla concessionaria pubblica nel 2012.
Allora, dinanzi alle forti reazioni del mondo delle imprese, il Ministro dello sviluppo economico Passera intervenne con una circolare interpretativa (la n. 12991 del 22 febbraio 2012) volta ad individuare precisamente gli apparecchi la cui detenzione costituisce presupposto per il pagamento del canone speciale.
In sintesi, secondo la circolare, la presenza di un sintonizzatore costituisce il fattore discriminante ai fini dell’obbligo di pagamento del canone speciale. Sono quindi apparecchi “adattabili alla ricezione della radiodiffusione” i videoregistratori dotati di sintonizzatori tv, le chiavette USB con sintonizzatore radio/tv, i decoder per la tv digitale terrestre, le schede per computer dotate di sintonizzatore radio/tv, i ricevitori radio/ tv satellitare. La necessaria presenza di un sintonizzatore fa sì che i monitor, i personal computer, i videocitofoni non siano di per sé né atti né adattabili a ricevere la radiodiffusione.
Secondo alcuni, la richiesta effettuata in questi termini dalla RAI configurerebbe una vera e propria ingiunzione di pagamento, in cui verrebbero in rilievo finanche profili penalistici (Rossi, CdV). Altri, più correttamente, parlano di disastro comunicativo, di campagna informativa “sleale”, volta cioè a sparare nel mucchio al fine di recuperare maggiore somme del canone speciale, il cui tasso di evasione è tradizionalmente elevato, anche alla luce della proverbiale debolezza ed inefficacia a valle del sistema di accertamento.
Dalla vicenda emergono due profili. Un profilo formale connesso alle modalità con cui la RAI ha sollecitato il pagamento del canone speciale; un profilo sostanziale inerente l’interpretazione e soprattutto l’attualità delle disposizioni normative in materia di canone speciale.
Dal punto di vista formale, può essere contestata la scelta di inviare a tutte le imprese iscritte alle Camere di commercio, indiscriminatamente, la lettera informativa/bollettino/
Inoltre, qualora la nota informativa fosse stata esaustiva e corretta, il destinatario della missiva avrebbe potuto facilmente constatare la presenza nel proprio ufficio o studio di uno degli apparecchi indentificati dal Ministero dello sviluppo economico come “adattabile” alla ricezione trasmissiva radiotelevisiva e quindi presupposto per il pagamento del canone speciale. Una informazione corretta da parte della concessionaria, infatti, avrebbe dovuto esplicitamente affermare che il possesso di pc, tablet, notebook non fa scattare l’onere tributario.
Dal punto di vista sostanziale, vengono in rilievo almeno due elementi. Anzitutto non è chiaro sulla base di quale precisa interpretazione si richieda a tutti i lavoratori autonomi e liberi professionisti (ancora una volta, indiscriminatamente) che detengono apparecchi atti o adattabili alla radiodiffusione, l’importo di 407 euro, che a norma della legge n. 488 del 1999, è quello dovuto dagli uffici di una azienda, mentre l’importo previsto per gli studi professionali è pari a circa 200 euro. È quindi scorretta, nonché logicamente errata, la presunzione che i titolari di partita IVA ricadano tutti nella categoria degli uffici (lettera d) dell’articolo 16 della l. n. 488 del 1999) piuttosto che nella categoria degli studi professionali (lettera e) del medesimo articolo). La RAI è pertanto tenuta a spiegare le ragioni e le finalità di tale comportamento.
Operativamente, fermo restando che è necessaria una riforma complessiva del c.d. canone di abbonamento RAI (sia ordinario sia speciale), si potrebbero intanto superare i paradossi generati da una norma vetusta ed incoerente con l’evoluzione tecnologica attraverso la soppressione dell’inciso normativo “fuori dall’ambito familiare”, imponendo quindi il pagamento del canone speciale soltanto alle strutture ricettive e agli esercizi e locali aperti al pubblico. I liberi professionisti, i lavoratori autonomi, i titolari di uffici dotati di televisore o altro si troverebbero così a pagare il solo canone ordinario per la detenzione dell’apparecchio “atto o adattabile”.
Ricapitolando:
• Tutti i detentori di apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva sono tenuti al pagamento del canone speciale, a prescindere dall’utilizzo che viene fatto di tali apparecchi.
• La RAI ha condotto una campagna informativa per il pagamento del canone speciale condivisibile nel principio ma sleale e scorretta nella pratica, ingenerando confusione nei cittadini-utenti, uniformando importi che probabilmente non dovevano essere uniformati (vedi i 200 e i 400 euro), inducendo potenzialmente all’errore. La RAI è tenuta a spiegare tale comportamento, nonché a fornire informazioni sulle modalità attraverso cui è stata condotta la campagna informativa (appalto?).
• In una prospettiva di riforma, occorre chiedersi se non sia più giusto ricondurre il canone speciale alla sua ratio originaria, ovverosia che una maggiorazione del canone deve essere dovuta se la detenzione di apparecchi radiotelevisivi determina direttamente o indirettamente un vantaggio economico (v. bar, alberghi, ristoranti).
• Infine, sempre nella prospettiva di riforma, occorre precisare o ridefinire il concetto di apparecchio “adattabile”, una locuzione che alla luce dell’evoluzione tecnologica ha generato confusione tra i cittadini-utenti e ha trovato una interpretazione “definitiva” soltanto nella circolare del Ministro dello sviluppo economico del 2012.
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