Chi non muore si risiede
di Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 30 settembre 2016
Dal 19 giugno eravamo in pensiero per Piero Fassino: trombato alle Comunali di Torino, per la prima volta in vita sua rischiava di trovarsi col culetto scoperto e di prendere freddo, il che alla sua età non è mai bello. Basta un niente, una corrente d’aria, un colpo di vento, una botta di condizionatore e arriva la costipazione. Invece per fortuna il noto rottamatore Matteo Do Nascimento è riuscito a riciclare pure lui, come “commissario all’emergenza migranti” o qualcosa del genere (si cerca ancora la supercazzola migliore per giustificare l’ennesima cadrega inutile). Del resto Fassino, a dispetto del nomignolo che gli appioppò Craxi sostituendo la “a” con la “e”, ha sempre tenuto le terga al calduccio. Quando rischia di perdere una poltrona, ne ha già pronta un’altra, per precauzione. Pare che da bambino (perché, per quanto difficile crederlo, è stato bambino anche lui) fosse imbattibile nella giostra indiana: i concorrenti siedono ciascuno su una sedia, poi parte la musica e devono alzarsi girando intorno, intanto una sedia sparisce e, quando la musica si ferma, si risiedono, tranne quello che rimane senza e viene eliminato; e avanti così finché resta in gioco il solo vincitore.
Cioè Fassino. Esaminiamo attentamente la sua biografia, che merita studi approfonditi e infatti se ne stanno interessando vari zoologi specializzati nel Paguro Bernardo (il Fassino dei crostacei che, pur di trovare un tetto, s’infila nelle conchiglie altrui che trova vuote) e gli ornitologi esperti di nidificazione degli uccelli. Nato nel 1949, a 19 anni Piero s’iscrisse alla Fgci torinese e a 22 ne divenne segretario. A 26 anni, mentre i ragazzi normali entravano nel mondo del lavoro, entrò nel Consiglio comunale di Torino col Pci. Da allora, per 41 anni, è sempre riuscito a saltare da una poltrona all’altra senza mai toccare terra né mai lavorare nel senso tradizionale del termine. Consigliere comunale per 10 anni, poi consigliere provinciale per 5, perdipiù membro della Direzione e poi della Segreteria del partito, inteso come Pci e poi Pds, nel 1994 approda alla Camera per uscirne solo 17 anni dopo. Nel 1996 è di nuovo deputato e sottosegretario agli Esteri del governo Prodi.
Nel ’98 ministro del Commercio estero del governo D’Alema. Nel 2000 ministro della Giustizia del governo Amato. Nel 2001 dimostra la sua vocazione al martirio candidandosi a vice-Rutelli contro Berlusconi. Infatti perde rovinosamente le elezioni e viene subito premiato: ri-deputato e segretario Ds. Carica che conserva fino al 2007, quando il partito confluisce nel Pd di Uòlter. Intanto nel 2006 è stato rieletto per la quarta volta e rimane a Montecitorio (si fa per dire, visto il tasso di assenteismo dell’89,4%) fino al 2008.
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