Ieri in
Ungheria si è votato per un referendum con il quale il primo ministro
Viktor Orban, del partito di destra Fidesz, chiedeva ai cittadini di esprimersi sull'accoglienza
dei migranti e nello specifico se accettare o meno la quota di richiedenti asilo assegnata con il piano di distribuzione previsto dall'Unione europea.
Il sistema di quote è entrato in vigore nel settembre del 2015, ma in qualche modo è già stato superato. È per questo che il voto ungherese ha un forte valore esclusivamente politico, anche perché la Commissione europea aveva sottolineato come qualsiasi risultato non avrebbe potuto modificare la legislazione dell'Unione.
Il referendum
non ha raggiunto il quorum e dunque il risultato non è valido: ha votato il 40% della popolazione ungherese, ma ha vinto il No con una percentuale schiacciante, il 98%. Voglio fare due considerazioni: il rischio per l'Unione Europea è che i comportamenti dei paesi dell'est spinga verso la riduzione dei fondi per la politica di coesione, nel senso che questi usufruiscono delle risorse ma rifiutano ogni solidarietà e ogni prospettiva politica per l'Unione. Questo potrebbe spingere i paesi contributori netti, fra cui l'Italia, a ridurre il bilancio della politica di coesione. Ciò creerebbe anche un danno per le nostre regioni del sud.
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