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02/11/16

IN SETTIMANA È ATTESA LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI MILANO: SE MANDA GLI ATTI ALLA CONSULTA, IL 4 DICEMBRE PUÒ SALTARE.


Il ricorso di Onida: il destino del voto passa da una giudice
IN SETTIMANA È ATTESA LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI MILANO: SE MANDA GLI ATTI ALLA CONSULTA, IL 4 DICEMBRE PUÒ SALTARE.

Il destino del referendum dipende da una donna. Ogni residua possibilità di fermare la corsa verso il voto del 4 dicembre passa per Loreta Dorigo, giudice della prima sezione civile del tribunale di Milano: cattolica praticante, mai iscritta a correnti della magistratura. Uno dei tre giudici che nel 2009 condannò per corruzione in atti giudiziari l’avvocato inglese David Mills. Sarà lei a decidere, presumibilmente entro questa settimana, sul ricorso d’urgenza del presidente emerito della Consulta Valerio Onida contro il decreto d’indizione del referendum costituzionale, emanato lo scorso 27 settembre dal Quirinale. Onida, che ha presentato l’istanza assieme alla docente di Diritto costituzionale Barbara Randazzo, ritiene il decreto incostituzionale, principalmente perché “pone un quesito unico agli elettori, mentre la legge ha oggetto e contenuti assai eterogenei tra loro”. Tradotto, agli elettori andavano posti quesiti distinti. Mentre con un quesito unico “si viola la libertà di voto degli elettori, garantita dagli articoli 1 e 48 della Costituzione”. E allora Onida chiede che il tribunale rimetta il decreto alla Consulta, affinché si esprima sull’eventuale violazione della Carta. Se il giudice accogliesse la richiesta, per il referendum sarebbe quasi automatico lo slittamento al prossimo anno.
(Luca De Carolis)

RENZI, L'ULTIMA MANOVRA PER FERMARE IL 'NO': IL RINVIO.

I sondaggi - vanno sempre peggio, il referendum diventa pericoloso e a palazzo cresce l’ipotesi di far slittare tutto alla primavera prossima. Tra gli sponsor c’è anche Napolitano.
Nonostante le smentite renziane, “il rinvio non esiste”, continua assordante e intenso il rumore di fondo su un eventuale spostamento del referendum costituzionale, complice ovviamente la decisione della giudice milanese che dovrà esprimersi sul ricorso dell’ex presidente della Consulta Valerio Onida.
La speranza di un rinvio politico, ancora prima che giudiziario, sposa infatti la tendenza di un No vincente, verificata ormai da ogni istituto di sondaggi. Così, vista l’impossibilità di ribaltare il risultato, non resta che sospendere la partita e farla disputare nel nuovo anno, il 2017.Paradossalmente, però, il pesante gioco sulla data del 4 dicembre investe anche quei settori del Sì fortemente preoccupati dalla personalizzazione di fatto impressa alla consultazione dal premier, ormai onnipresente testimonial tv del Sì. Cioè tutti coloro convinti che la trasfigurazione del referendum in plebiscito su Renzi alla fine si rivelerà catastrofica. E qui in primissima fila c’è il presidente emerito Giorgio Napolitano, che ha pure criticato pubblicamente il premier per la personalizzazione. Non solo. L’Emerito avrebbe preferito una maggiore incisività renziana sul promesso maquillage dell’Italicum. L’altro giorno, alla Camera, esponenti misti del No, sia ex democrat sia forzisti, hanno ragionato a lungo sui “mandanti” del ricorso di Onida, oggi tra i sostenitori del No alle riforme ma che vanta un antico legame con Napolitano. Non a caso fu uno dei saggi scelti dal Quirinale per prendere tempo sulle riforme durante il governo Letta. Fu lo stesso Onida ad ammetterlo in una finta telefonata di un programma radiofonico.Secondo la versione proveniente da questi ambienti eterogenei del No, il ricorso di Onida sarebbe l’unica strada che Napolitano avrebbe per impedire il disastro da lui paventato. È la logica di Sistema che ha bloccato o sospeso la democrazia dal 2011 a oggi, dall’anno cioè delle dimissioni di Silvio Berlusconi da presidente del Consiglio. In pratica, lo scenario immaginato dall’anziano Emerito, corroborato persino da alcuni settori “responsabili” del renzismo di governo, è nerissimo: il premier impegnato in una folle corsa suicida fino al 4 dicembre, indi lo schianto e il Paese consegnato ai grillini nelle successive elezioni politiche. Al contrario, un rinvio giudiziario con conseguente spacchettamento del quesito implicherebbe: a) sereno cambiamento della legge elettorale; b) messa in sicurezza delle riforme e del governo e quindi maggiori possibilità, rispetto a oggi, di vittoria del Sì.
(Fabrizio D'Esposito)

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