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29/12/16

Abbiamo una banca di Marco Travaglio

Abbiamo una banca
di Marco Travaglio

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Non bastavano Eco, Fo, Bowie, Prince, Michael e la principessa Leila. Il 2016 sarà ricordato anche per un’altra scomparsa illustre: quella del Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica d’Europa. Ai suoi funerali di Stato, cioè a carico nostro (ogni italiano sborserà 250 euro), partecipano fischiettanti gli assassini, sempre i primi a inviare la corona di fiori (anch’essa a spese nostre). Ieri Giorgio Meletti ha elencato i più recenti indiziati del delitto: Bce, Bankitalia, gli ultimi governi. Ma la rapina iniziò molti anni fa e purtroppo nessuno la sventò perché i rapinatori non erano davanti allo sportello col passamontagna e la pistola: sedevano comodamente dietro il banco.
Monte dei Pasti. Giuseppe Mussari, avvocato calabrese, trovò l’America a Siena: non sapeva nulla di finanza, ma in compenso era iscritto al Pci, Pds, Ds, Pd, dunque fu presidente della Fondazione per 5 anni e della banca per 6. Si sdebitò col Partito finanziandolo a spese dei correntisti. Fece accordi sui derivati tossici al telefono coi giapponesi e li nascose in cassaforte, ma restò. Fu cacciato quando comprò Antonveneta pagandola 10 miliardi, il doppio del valore. Ma nessuno lo denunciò e gli chiese i danni, anzi fu promosso presidente dell’Abi. Ora non lo conosce più nessuno. Pare che l’abbia portato la cicogna.
Monte dei Guerci. Quando, quattro anni fa, il Fatto rivela lo scandalo dei derivati Alexandria e Santorini, Bankitalia rivendica le sue ispezioni: “Purtroppo siamo stati ingannati, ci hanno nascosto le carte”. Ma Bankitalia è lì proprio per evitare di essere ingannata, lei e i risparmiatori. Altrimenti il poliziotto che si lascia scappare un ladro potrebbe giustificarsi così: “Gli avevo detto di costituirsi e ammanettarsi da solo, ma quello è scappato”.
Monti dei Paschi. Addossò tutte le colpe al Pd, ma piazzò alla Rai la capa della Vigilanza di Bankitalia Annamaria Tarantola, che non s’era accorta di niente. Si alleò alle elezioni con Casini, suocero di Caltagirone che era il vicepresidente di Mps, cioè il vice di Mussari. Poi candidò nella lista Monti Alfredo Monaci, già membro del cda di Mps nell’èra Mussari e poi presidente Mps Immobiliare. Diceva Totò: “E noi saremmo falsi monaci? Ma controlli sulla Guida Monaci!”.
Monte dei Casti. Quando gli esplode lo scandalo in piena campagna elettorale 2013, Bersani strilla: “Per l’amor di Dio, noi non c’entriamo: il Pd fa il Pd e le banche fanno le banche” e minaccia di “sbranare” chi dice il contrario. Purtroppo dimenticò di sincronizzarsi con D’Alema.
Infatti Max dichiarò: “Mussari l’abbiamo cambiato noi un anno fa, dovrebbero ringraziarci”. A parte il fatto che Mussari lo cacciò il sindaco Ceccuzzi che subito dopo fu cacciato dal Pd: ma se è il Pd che caccia Mussari, vuol dire che il Pd ce l’ha pure messo. Indagato nel 2005 per i furbetti del quartierino, l’allora governatore Fazio raccontò ai pm: “Fassino e Bersani vennero da me a chiedere se si poteva fare una grande fusione Unipol-Bnl-Montepaschi”. A proposito di Fassino: la polizia giudiziaria di Siena annota nel febbraio 2010: “Chiamata dell’on. Fassino che domanda (a Mussari, ndr) quando potrà raggiungerlo a Roma ‘così facciamo un po’ il punto totale’”. Allora, riabbiamo una banca?
Monte dei Pascoli. Berlusconi, che è un sentimentale, Mps ce l’ha nel cuore: nei primi anni 70, quando Mps era in mano alla P2 come lui, gli fece un sacco di mutui per Milano2 (P2-Milano2, tutto 2). E lui, ancora di recente, i bonifici alle Olgettine li faceva dai conti al Monte. E quando Verdini stava ancora con lui (sempreché ora non ci stia più), usava la banca come bancomat. Intercettazione del 15.1.2010. Verdini: “Senti ti posso disturbare 2 minuti? È un favore quello che ti chiedo (un prestito di 10 milioni al costruttore della cricca Riccardo Fusi, in aggiunta ai 60 già elargiti, ndr). Ti prego, se te lo chiedo devi darmi una mano”. Mussari: “Non è facile, ma ci proviamo”.
Monte dei Giorgi. Il 1° febbraio 2013 l’allora presidente Giorgio Napolitano, quello che “il sistema bancario è solido”, monita la stampa (cioè il Fatto che ha svelato il caso Alexandria): “Abbiamo effetti non positivi, cortocircuiti tra informazione e giustizia. Il ruolo di propulsione alla ricerca della verità confligge con la riservatezza necessaria delle indagini giudiziarie e il rispetto del segreto”. E invoca il silenzio in nome dell’“interesse nazionale”. Se avesse monitato qualche volta banchieri e politici perché cacciassero le volpi dal pollaio, il sistema bancario sarebbe più solido o meno traballante.
Monte dei Tennisti. “Mi vergogno a chiedertelo, ma per il nostro torneo di tennis a Orbetello è importante, perché noi siamo ormai all’osso, che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione. Ciullini ha fatto sapere che il Monte vorrebbe scendere da 150 a 125 mila euro”. Questo, al telefono con Mussari nel 2010, è Giuliano Amato, ora giudice costituzionale. E meno male che si vergognava.
Monte dei Pacchi. “Mps è risanato e investire è un bell’affare, un bel brand”. “Investire in Mps è ancora un affare per italiani e stranieri”. Questo è Matteo Renzi, presidente del Consiglio, il 22 gennaio e il 6 novembre di quest’anno. Non è meraviglioso?
Ps. Ora che i soldi ce li mettiamo noi, vorremmo almeno sapere dove vanno a finire. Quindi: nuove regole severissime, criteri di onorabilità stringenti, trasparenza totale, niente bonus ai manager finché i conti non torneranno attivi e pubblicazione dei primi cento debitori. La scusa della privacy se la ficchino dove sanno loro, perché adesso siamo tutti sulla stessa banca.

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