DA PIANGERE
Il giorno prima della sua approvazione il ministro dell’Economia,Pier Carlo Padoan, aveva scritto alla commissione europea spiegando che il governo italiano era stato costretto a varare un decreto per stanziare un altro miliardo di euro per l’emergenza terremoto. Il 2 febbraio scorso, giorno di approvazione del terzo decreto legge in aiuto ai terremotati, in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, aveva con poca convinzione fatto la voce grossa con Bruxelles, dicendo che per i terremotati nel 2017 c’è bisogno di “almeno un miliardo” e che “intanto però non è che possiamo aspettare chissà quali superiori determinazioni. Decidiamo e ci prendiamo le nostre responsabilità”.
A sentirla così, senza visto preventivo il governo stava dando ai terremotati quello che da tempo attendevano. Quanto? I giornalisti lo hanno chiesto a Gentiloni, che ha risposto così: “Non abbiamo un conto esatto dell’ammontare delle risorse stanziate dal decreto approvato oggi. Ma sono molto consistenti, di diverse centinaia di milioni”. Proprio Libero quel giorno, facendo la cronaca di quel consiglio dei ministri, aveva notato che come ai bei vecchi tempi diMatteo Renzi Gentiloni & c dovevano avere approvato invece di un testo scritto le consuete vecchie diapositive (slides), perché ci fosse stato un vero testo, avrebbe avuto la bollinatura della Ragioneria con i conti previsi di quel che si stanziava per il terremoto.
Purtroppo è stato così. Il testo del terzo decreto terremoto è finalmente arrivato alla Camera, porta il numero 4286 e la data del 9 febbraio, di sette giorni successiva all’approvazione formale in consiglio dei ministri. Ma quel che più conta è che con quel decreto i terremotati per l’ennesima volta in pochi mesi e con due diversi governi, sono stati presi in giro. Questa volta la relazione tecnica c’è, e la bollinatura della Ragioneria pure. E certifica che le nuove risorse effettivamente messe a disposizione per l’anno 2017 non si avvicinano nemmeno lontanamente né al miliardo di Padoan, né alle “svariate centinaia di milioni” annunciate da Gentiloni. Le nuove risorse messe a disposizione ammontano ad appena 56 milioni di euro.
Zero fondi per l’emergenza, zero fondi per la ricostruzione. Ci sono (art. 10) 41 milioni di euro per concedere il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) alle famiglie di terremotati che non raggiungano un Isee superiore ai 6 mila euro annui. Poi (art. 15) altri 15 milioni di euro messi dal governo con misure di sostegno ad agricoltori ed allevatori, e qualche altro spicciolo: 500 mila euro per rafforzare le segreterie del commissario per la ricostruzione, Vasco Errani e 900 mila euro per integrare con 13 dirigenti la task force sul terremoto messa in campo dalla protezione civile. Nessun altro articolo stanzia nuovi fondi, anche se apparentemente l’articolo 2 muove sull’emergenza 160 milioni.
Ma dalla ragioneria apprendiamo che quelle norme hanno “carattere procedimentale” e “non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”: i 160 milioni erano quelli già stanziati nei decreti di ottobre, che però- avevano ragione i terremotati a lamentarsi- non erano arrivati a destinazione per problemi burocratici che ora si spera di risolvere con nuove regole. E allora dove sono le centinaia di milioni che secondo Gentiloni venivano stanziati? Somme simili esistono nel decreto, ma non escono dalle casse pubbliche, e sono legate all’applicazione dell’articolo 11 sui versamenti tributari: 380 milioni di euro sul 2017 e 180 sul 2018. Non sono soldi pubblici, ma garanzie pubbliche date alle banche attraverso un complesso sistema che coinvolge la Cassa depositi e prestiti, la Cassa per i servizi energetici e ambientali e il gestore dei servizi energetici.
Non è un aiuto in denaro ai terremotati, ma un semplice modo per portare via loro quei 380 milioni nel 2017 e quei 180 milioni nel 2018 senza causare una catena di suicidi. Perché la notizia vera del decreto è questa: al 30 novembre prossimo finirà la tregua fiscale di cui hanno goduto quei poveretti. Che dal primo al 31 dicembre 2017 dovranno versare- persone fisiche e giuridiche- tutte le tasse sospese e ancora da pagare maturate nel 2016, l’anno in cui hanno perso ogni loro bene. Lo Stato non ha condonato le loro tasse, ne ha solo rinviato il pagamento, e adesso quella tregua è finita. Le dovranno pagare tutte, e la stessa cosa toccherà loro anche nel 2018. Non che ci possano essere grandi affari in un territorio che deve ancora iniziare lo sgombero delle macerie e in cui la ricostruzione non ha compiuto nemmeno un passettino.
Ma l’esattore mica si fa commuovere più di tanto: quei soldi li vuole lo stesso. Siccome quelli non hanno più aziende, né lavoro, né conti in banca perché sono crollati pure gli sportelli, con grande generosità si concede che bussino a banche con cui la Cassa depositi e prestiti ha siglato un apposito accordo, e chiedano un prestito da restituire a rate per pagare vecchie e nuove tasse. L’unica cosa che sborserà lo Stato italiano nel 2018 saranno altri 51,7 milioni che andranno alle banche per pagarle del disturbo e per compensare lo sforzo che dovranno fare nel concedere quei prestiti senza aggiungervi commissioni bancarie e mega interessi. Quindi alla fine dei prestiti quei 380+180 milioni di euro (560 in tutto) non escono dallo Stato per aiutare i terremotati, ma saranno prelevati a rate dalle tasche dei terremotati per finire nelle casse dello Stato.
Al momento sono più i soldi previsti in questa direzione (560 milioni) che quelli stanziati nella direzione contraria, quello dello Stato che aiuta i terremotati ( da agosto ad oggi 436 milioni). Il bilancio per i terremotati dunque è di una perdita secca momentanea di 124 milioni di euro: sono loro a pagare lo Stato, e non viceversa. Quanto ai pochi aiuti previsti in questo decreto, anche quelli sfiorano il grottesco: i 41 milioni di euro concessi per aiutare le famiglie più povere dei terremotati come detto prenderanno la forma del Sostegno per l’inclusione attiva (Sia), che è una sorta di nuova social card lanciata da Giuliano Poletti sul modello di quella tanto criticata che feceGiulio Tremonti anni fa. Per averne i benefici bisognerà avere un indicatore Isee inferiore ai 6 mila euro l’anno, e il governo volendo fare il generoso decide di escludere da quel calcolo le case di proprietà eventualmente distrutte, e perfino le relative tasse.
Però includerà eventuali redditi da cassa integrazione o disoccupazione derivanti da perdita di lavoroper terremoto e il contributo di autonoma sistemazione che viene dato a chi è senza casa. Se anche così si resterà al di sotto dei 6 mila euro annui, si avrà diritto di ricevere una sorta di carta di credito pubblica convenzionata con tutti gli esercizi che aderiscono al circuito Mastercard. Il beneficio che si avrà sarà di 80 euro al mese per single, di 160 euro per una coppia senza figli, 240 euro al mese con un figlio, 320 euro al mese con 2 figli e 400 euro al mese con tre figli e più (oltre i due genitori ovviamente). Quelle somme vengono ridotte se si è avuto un bonus bebè o se si percepisce l’assegno familiare per 3 o più figli.
Ma non si tratta di soldi veri ricevuti. Si potrà comprare beni solo in quei negozi convenzionati e ottenere uno sconto del 5% anche negli uffici postali sulle bollette con alcune eccezioni.
Ma non si tratta di soldi veri ricevuti. Si potrà comprare beni solo in quei negozi convenzionati e ottenere uno sconto del 5% anche negli uffici postali sulle bollette con alcune eccezioni.
Il decreto condona anche il canone Rai del secondo semestre 2016 e di tutto il 2017 ai terremotati che però dovranno dimostrare con un bel giro di procedure burocratiche prima di avere l’esenzione che i loro televisori sono restati distrutti sotto le macerie. In ogni caso per tutti il canone riprende ad essere pagato dal gennaio 2018, perché si presume che nel frattempo si siano ricomprati la tv. Potrebbe essere una buona notizia, perché per comprarsi una tv uno deve avere una casa in cui metterla. Ma al momento nessuno è in queste condizioni, e le famose casette che dovevano essere già arrivate secondo promesse del governo nel Natale scorso, sono state rinviate con dichiarazioni ufficiali della protezione civile prima all’estate prossima e ora all’autunno-inverno 2017. Di questo passo assai pochi avranno una casetta nel gennaio 2018…
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Dopo avere letto questo articolo la presidenza del Consiglio dei ministri ha diramato un comunicato secondo lei per smentirne il contenuto. Eccolo:
L’ufficio stampa di Palazzo Chigi “smentisce decisamente la ricostruzione di un quotidiano sui fondi destinati all’emergenza nelle aree interessante al terremoto”. “Non e’ vero affatto che gli stanziamenti siano ridotti, ma assolutamente in linea con gli impegni presi pubblicamente e a piu’ riprese dal governo. Per fare un solo esempio – spiega Palazzo Chigi – nell’ultimo decreto terremoto ci sono ulteriori misure pari a circa 165 milioni di euro, tra quelle a sostegno del reddito e quelle per le imprese zootecniche. Alle risorse mobilitate nel decreto – con vecchi e nuovi capitoli di spesa – pari a centinaia di milioni, se ne aggiungono, come e’ noto, altre: sia quelle stanziate in Legge di bilancio per investimenti e agevolazioni fiscali; sia quelle dichiarate dal ministro Padoan nella sua lettera ai commissari europei Moscovici e Dombrovskis ‘ben oltre un miliardo di euro’ e da decidere ‘entro l’arco temporale della approvazione del Def'”. “Quanto alle popolazioni di quelle aree è vero, piuttosto – come e’ sacrosanto in una situazione come quella che si e’ determinata in quelle zone – che oggi non siano soggette a tasse e imposizioni fiscali, la stima delle quali ammonta a circa 300 milioni di euro per il lavoro dipendente e almeno altrettanti per il lavoro autonomo o d’impresa”
A palazzo Chigi non posso che rispondere così:
La confusa smentita della presidenza del Consiglio dei ministri non smentisce in realtà nulla di quanto scritto da Libero. Noi abbiamo scritto che nonostante nella conferenza stampa di presentazione del terzo decreto legge sul terremoto il premier Paolo Gentiloni avesse annunciato un nuovo stanziamento di “svariate centinaia di milioni di euro”, le reali nuove risorse stanziate ammontassero invece a 56 milioni di euro. Oggi palazzo Chigi ridimensiona i nuovi stanziamenti a 165 milioni di euro (che non sono come facilmente si capisce “svariate centinaia di milioni”), ma anche questa cifra non risulta nella relazione tecnica della Ragioneria dello Stato allegata al decreto legge che viene riassunta anche in una tabella riepilogativa finale. I nuovi stanziamenti sono quelli con il segno positivo, e ammontano appunto sul 2017 a 56 milioni di euro.
Quanto alle tasse, non ci si può nascondere dietro giri di parole: la novità non è che siano sospese, ma che a differenza di quanto sembrava previsto dal decreto mille proroghe, a quella sospensione qui si mette fine al 30 nivembre 2017, facendo pagare tutti gli arretrati fra il 1 e il 31 dicembre prossimo e tutte le tasse correnti nel 2018. Questa è la verità, e lascia semmai amarezza questo continuo gioco delle tre carte che si sta facendo con quella povera gente. In questo decreto ci sino sì 160 milioni di euro di cui si parla in un capitolo, ma come spiega la relazione tecnica, a costo zero per le finanze pubbliche, perché quegli stessi fondi erano già stati stanziati, annunciati e promessi ai terremotati nell’ottobre scorso. Semplicemente ci si era dimenticati di farli arrivare a loro…
Franco Bechis
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