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24/04/17

salone del libro a Milano è un flop,ma che ti aspetti,pure lì se non sei raccomandato non vali nulla



Non ne compero più di libri io,semmai compero l'ebook, poca spesa e se non vale  la pena di leggere non ti sei rovinato,un libro lo paghi minimo 18 euro,se poi la lettura non vale la pena insomma ti incazzi, e non vale la pena per la maggioranza dei casi, a parte i soliti autori noti che vai con la garanzia che lettura sarà gradita il resto è veramente da morire , cioè pure con gli autori se non sono raccomandati non vanno in home si dice in internet,vanno i raccomandati e quelli io dopo parecchie delusioni li prendo con le pinze, un Corona che non sa scrivere, perchè raccontare le cose le devi sapere dare, cioè se leggi un romanzo devi entrare nella storia e poi essere dentro lì, se leggi corona sei nei già visto,

Déjà vu ,già fatto,un perbenismo di sinistra radical chic, altri autori non li posso citare,ma ne ho letti parecchi,il risultato non ho comperato più libri,li ho presi in biblioteca, roba da  morire, infatti non leggo più, quelli noti,mettiamo i classici,un Moravia,un Camilleri,una Ravera, un Marquez, e altri oramai li ho letti tutti, il resto basta,non dico che non ci sono autori validi,ma che mandano avanti i raccomandati,e l'arte non è da raccomandati,con l'arte devi comunicare, il raccomando non vale, perciò aspetto che anche l'editoria si liberi del fascismo  radical chic, perchè una cultura così appiattita è frutto dei regimi,non delle democrazie


Milano, megaflop del Salone del libro. “Quasi in 70mila” (la metà di Torino)

Mi-To - Rinviati i dati ufficiali. Il sindaco Sala evita il confronto con l’Appendino

Dopo aver giocato con l’alfabeto, diamo i numeri; anzi no: a Tempo di Libri non è ancora tempo di bilanci. A Milano sono precisi, precisano gli organizzatori, perciò “i numeri ufficiali verranno comunicati lunedì in mattinata”. Ciò detto, “il nostro obiettivo era tra le 70 e le 80mila presenze”, ha dichiarato ieri Solly Cohen, ad della Fabbrica del Libro, che cura la fiera.
“Non siamo lontani, non siamo troppo sotto i 70mila ingressi”, con una media cioè di 14mila al giorno. La cifra però sembra più che ottimistica: sabato, giorno di maggiore affluenza con la domenica, si parlava di 15-20mila persone. Anche se oggi si dovessero confermare le 70mila presenze, il numero è modesto: l’ultima edizione del Salone del Libro di Torino ha registrato infatti 127.596 visitatori. Ma qui i paragoni non sono bene accetti: il sindaco Beppe Sala si è indispettito con una cronista che chiedeva un raffronto: “Chi di noi ha mai detto di voler fare il confronto? Non sto facendo una gara con il sindaco Appendino”.
Federico Motta, presidente dell’Associazione italiana editori, ha puntualizzato: “Non abbiamo mai fatto una corsa su Torino. Noi corriamo contro noi stessi. E comunque, se confronto ci deve essere, bisogna farlo con la prima edizione del Salone torinese”. Bene, quella volta, anno 1988, furono 100.000 i passaggi dichiarati.
Tra gli editori, intanto, serpeggia un -30% di vendite rispetto all’ultima edizione torinese e mercoledì, il primo giorno di fiera, c’era chi si lamentava dei soli “sette scontrini” emessi in uno stand di casa editrice nota. A fare mea culpa ci ha pensato Renata Gorgani, presidente della Fabbrica del Libro: “Il bilancio è nel complesso positivo. I primi giorni abbiamo avuto qualche difficoltà. Sicuramente c’è stato un problema di date (Pasqua, il ponte del 25 aprile, ndr): ci ragioneremo meglio per l’anno prossimo”. Qualcuno vorrebbe maggio, magari in concomitanza con Torino: così finalmente sarà sdoganata la parola “competizione”.
“Non abbiamo avuto le scuole nei termini in cui speravamo. Abbiamo organizzato tutto in meno di sei mesi”. Nemmeno il biglietto a metà prezzodel pomeriggio, introdotto il secondo giorno, ha ingolosito.
Dallo scontro tra Torino e Milano si è passati a quello tra Walter Siti e Michela Marzano, che ieri hanno ricucito lo strappo su Bruciare tutto. Siti si è difeso, ancora una volta, dall’accusa di aver infangato don Milani, difeso ieri anche dal Papa. “Lettera a una professoressa è stato per me un libro guida. Ho profonda stima e ammirazione per lo stile paradossale di don Milani: la sua scrittura mi pare un atto di sublimazione straordinaria degli inferi interiori. La mia dedica voleva essere un omaggio. Non è una operazione di marketing”.
Pure Marzano si è scusata: “Nel mio pezzo ci sono espressioni maldestre, non è una stroncatura”. Poi tra citazioni di Camus, Lacan, Bernanos, Deleuze, Sartre, Bonhoeffer, la messa è finita, e tutti sono andati in pace.

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