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29/08/17

Duecentomila abitazioni vuote, oltre diecimila persone in lista d’attesa addirittura da decenni per un alloggio popolare e lo scandalo delle occupazioni abusive di centinaia di immobili. Questi sono i numeri di Roma; questo è il vero volto dell’emergenza abitativa e la conseguenza di politiche dell’accoglienza totalmente inadeguate rispetto alla realtà di questi anni.

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Duecentomila abitazioni vuote, oltre diecimila persone in lista d’attesa addirittura da decenni per un alloggio popolare e lo scandalo delle occupazioni abusive di centinaia di immobili. Questi sono i numeri di Roma; questo è il vero volto dell’emergenza abitativa e la conseguenza di politiche dell’accoglienza totalmente inadeguate rispetto alla realtà di questi anni.
In questo quadro di desolazione e zone d’ombra, che si traduce in ingiustizia e sofferenze per i più deboli, abbiamo avviato un piano per cambiare il sistema dell’accoglienza e ripristinare la legalità con la dovuta attenzione nei confronti dei soggetti socialmente più fragili: anziani non autosufficienti, madri con bambini, persone disabili. Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come già questa “classificazione” non tenga conto delle nuove povertà e tenda a dividere le famiglie.
La questione di fondo resta l’emergenza casa. Ci stiamo lavorando dallo scorso anno. Nei mesi scorsi, molto prima che il problema esplodesse mediaticamente, abbiamo approvato due delibere per superare il disagio abitativo e tutelare le fragilità. Abbiamo tracciato un percorso: stiamo effettuando la ricognizione di tutti gli immobili del patrimonio di Roma Capitale e dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata. Vogliamo destinarli a nuclei familiari in condizioni di fragilità all’interno del nuovo Servizio di assistenza e sostegno socio alloggiativo temporaneo (Sassat). Entro il 31 ottobre termineremo il censimento e avvieremo le attività di stima economica per gli interventi di manutenzione necessari a renderli abitabili.
Una seconda tappa è quella del 31 dicembre. Entro quella data presenteremo in Assemblea Capitolina un “Piano di azione per superare il disagio abitativo”: l’obiettivo è potenziare lo scorrimento delle graduatorie di chi ha diritto a un alloggio di Edilizia residenziale pubblica (Erp). Abbiamo già iniziato con la chiusura dei famigerati Centri di assistenza alloggiativa temporanea (Caat): sono residence che, pur costando milioni di euro ai cittadini, non risolvevano dell’emergenza abitativa dei più deboli. Mettiamo così fine a uno spreco di risorse pubbliche che riutilizzeremo – meglio - per le famiglie più in difficoltà.
C’è poi la questione dei circa 100 immobili, pubblici e privati, occupati abusivamente in tutta la città. Abbiamo già avviato un’indagine, partendo dagli stabili che risultano più a rischio dal punto di vista della sicurezza, per verificare se al loro interno vi siano persone che hanno diritto ai servizi di assistenza alloggiativa previsti per le fragilità. Ricordiamo, tuttavia, che l’ingresso viene spesso impedito ai nostri operatori sociali proprio da una parte degli occupanti che vogliono nascondere le reali condizioni all’interno degli immobili.
Insomma, il Comune sta facendo la sua parte ma deve essere chiaro che non dovranno essere tollerate nuove occupazioni: su questo, gli interventi per ristabilire la legalità da parte delle forze dell’ordine avranno il pieno sostegno dell’amministrazione capitolina.
Servono azioni di sistema, altrimenti si continuerà a rincorrere le emergenze come nel caso dello sgombero di via Curtatone. Sono necessari strumenti normativi nuovi, perché quelli esistenti non sono più adeguati a gestire un fenomeno profondamente diverso rispetto a quello di pochi anni fa. Bisogna adeguare le norme ai mutamenti della società. Tutte le istituzioni, a partire da Governo e Regione, devono essere consapevoli di questo mutamento in atto.
Il Governo dovrebbe studiare misure urgenti per disincentivare il fenomeno degli immobili sfitti o invenduti. Solo a Roma si trovano circa 200mila case vuote, che in alcuni casi formano veri e propri quartieri fantasma. È uno scandalo a cui bisogna porre rimedio, un’offesa a chi non ha un tetto ed è costretto a vivere da anni in condizioni di disagio. Soprattutto dopo la crisi economica che ha colpito l’Italia.
Il Governo, inoltre, ha a sua disposizione un immenso patrimonio che potrebbe mettere a disposizione dei Comuni per superare l’emergenza abitativa: basterebbe potenziare l’attuazione del federalismo demaniale e assegnare alle amministrazioni locali le caserme e i forti; e, beninteso, le relative risorse per riqualificarli e renderli disponibili. Darli alle famiglie.
Con la Regione Lazio abbiamo già avviato un dialogo per modificare le condizioni per utilizzare i 30 milioni di euro previsti da una recente delibera. Questi stanziamenti vanno resi realmente utilizzabili: il vincolo di destinarne una percentuale agli occupanti abusivi non ci convince.
C’è poi la questione della politica migratoria. Al momento non esiste un piano nazionale di inclusione dei migranti successivamente all’uscita dal circuito Sprar che, di fatto, sono abbandonati a carico dei Comuni. Persone che non possono neanche lasciare l’Italia, come vorrebbero, perché il Trattato di Dublino firmato dal governo glielo impedisce.
Immigrazione, accoglienza e emergenza abitativa sono temi legati tra loro. Serve una visione complessiva, nuova.

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