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19/09/17

Consip, Musti smentisce e Borrelli “salva” Woodcock. in un paese democratico Renzi,uno come Renzi lo avrebbe fatto fuori lo stesso partito,è incompatibile con la democrazia, ,invece quì si incolpa la magistratura

in un paese democratico Renzi,uno come Renzi lo avrebbe fatto fuori lo stesso partito,è incompatibile con la democrazia, ,invece quì si incolpa la magistratura che fa il suo dovere dove c'è criminalità indaga, e c'è criminalità in questi fatti,inutile dire che la colpa è di Ultimo o di chi ha fatto il suo mestiere, è chiaro pure a un deficiente che ci sono miliardi di euro, di noi cittadini da spartirsi e questa non è una cosa lecita, si chiama mafia e se un Renzi o il parentado con amici sono sospettati si devono mettere da parte, siamo stanchi di avere criminali al comando del paese, il perchè è semplice siamo schiavi dei poteri forti, cioè banche, multinazionali vedi i provvedimenti che ci dobbiamo vaccinare a forza e di altre cose così, schiavi di poteri forti e USA, ai governi ci mettono i loro galoppini e pure alla presidenza della nazione, poi la sbandierano per democrazia, ma che vadano a fareinculo,stronzi sono e noi ,la gente l'abbiamo capito

Giornata nera per i fautori del complotto di magistrati e Noe dei carabinieri contro Matteo Renzi a colpi di inchiesta Consip e Cpl-Concordia. Da un lato la procuratrice di Modena Lucia Musti con 72 ore di ritardo disconosce alcune frasi riportate dai giornali su quanto detto al Csm e dall’altro c’è la sonora smentita, sempre davanti al Csm, per bocca del procuratore aggiunto di Napoli Giuseppe Borrelli che i pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano volessero inguaiare l’ex premier attraverso babbo Tiziano. Si apprende che avevano l’avallo dell’allora procuratore capo Giovanni Colangelo a intercettare Tiziano Renzi.
Musti ieri ha detto che nei resoconti dell’audizione in cui ha criticato il maggiore Giampaolo Scafarto e il colonnello Sergio De Caprio alias Ultimo “mi vengono attribuite alcune affermazioni, anche virgolettate, che io non ho fatto ovvero che, per come riportate, non rendono in modo fedele quanto da me riferito”. E intanto, davanti alla Prima commissione del Csm che deve valutare se chiedere il trasferimento di Woodcock e Carrano, oltre a Borrelli è stato sentito anche l’aggiunto Alfonso D’Avino, capo della sezione reati Pubblica amministrazione. È Borrelli a parlare delle intercettazioni di Tiziano Renzi richieste da Woodcock e da Celeste Carrano l’8 novembre 2016 e autorizzate dal gip il 17 novembre. “Prima di intercettare Tiziano Renzi, Colangelo mi chiede un parere” e Borrelli ha spiegato di aver risposto che a suo avviso gli indizi c’erano ma il momento non era propizio per l’imminenza del referendum costituzionale. Inoltre, disse al procuratore di verificare se Napoli fosse competente. Colangelo verifica, racconta Borrelli al Csm, riflette e poi lo chiama per dare il suo benestare alla richiesta di intercettazioni.
“Colangelo sapeva tutto di Consip – aggiunge Borrelli –, se non altro per il contenzioso che si era creato tra magistrati di diverse sezioni”. Cioè la pretesa della sezione reati Pubblica amministrazione di avere gli atti Consip per competenza. Lo conferma ieri D’Avino: si sapeva già dalle audizioni dell’ex reggente Nunzio Fragliasso e dal procuratore Luigi Riello. D’Avino conferma una riunione nel gennaio 2016 con Colangelo e l’altro aggiunto della Dda, Filippo Beatrice, in cui sarebbe stato deciso lo stralcio, in mancanza del quale non ha protestato. Insomma, Woodcock non si è affatto tenuto un fascicolo contro la volontà del procuratore e a luglio 2016 viene deciso di dargli un rinforzo: la collega Carrano.
A domanda su perché sia stata la Procura di Napoli a far perquisire il vicedirettore del Fatto Marco Lillo dopo la pubblicazione dell’intercettazione tra Renzi padre e il figlio, D’Avino riferisce che Fragliasso e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone stabilirono che sulle fughe di notizie avrebbero lavorato entrambi gli uffici.

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