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10/11/17

«Così Berlusconi mi ha dato 500 mila euro per incastrare Fini sulla casa di Montecarlo»


«Così Berlusconi mi ha dato 500 mila euro per incastrare Fini sulla casa di Montecarlo»

L'ex direttore dell'Avanti Valter Lavitola per la prima volta racconta: «Servivano i documenti dell'appartamento comprato da Tulliani. L'operazione l'ho gestita io. E i soldi li ha messi l'ex Cav». L'intervista integrale sull'Espresso in edicola domenica


DI EMILIANO FITTIPALDI


«Così Berlusconi mi ha dato 500 mila euro per incastrare Fini sulla casa di Montecarlo»
«I documenti della casa di Montecarlo, quella comprata dal cognato di Gianfranco Fini , il signor Giancarlo Tulliani, me li sono procurati io. Li ho ottenuti direttamente da funzionari governativi dell’isola di Santa Lucia. Ovviamente hanno voluto dei soldi per darmeli. Molti soldi. Tutta l’operazione è stata finanziata da Silvio Berlusconi. È lui che mi ha consegnato a Palazzo Grazioli circa 500 mila euro in contanti, che io ho fatto portare ai Caraibi con un aereo partito da Ciampino. Era l’estate del 2010. Tornassi indietro non rifarei quello che ho fatto».

Valter Lavitola, ex direttore dell’Avanti, un tempo vicinissimo a Bettino Craxi, diventato dieci anni fa faccendiere di successo e compagno di avventure del capo del centro destra italiano, è seduto sul divano del suo piccolo appartamento a Roma, nel quartiere di Monteverde. Apre la porta dopo aver accettato di parlare all'Espresso del misterioso dossieraggio sulla casa di Montecarlo, che ha modificato la storia recente del centrodestra italiano.

Racconta, per la prima volta, ogni dettaglio della vicenda, autoaccusandosi di aver pagato funzionari pubblici di un paese straniero: se in una lettera a Berlusconi sequestrata dai pm aveva definito i denari ricevuti dal capo di Forza Italia un semplice “rimborso spese”, ora – mentre Fini rischia il processo per riciclaggio e Berlusconi è tornato in campo più forte che mai – ammette che i soldi servirono per foraggiare i governanti dell'isola caraibica affinché producessero ad hoc un documento che inchiodasse l'ex leader di An.

Valter, uscito di galera un anno fa anche per una condanna per tentata estorsione a Berlusconi («mi brucia ancora, lui mi avrebbe potuto scagionare») si sgranchisce le mani.

«L'idea mi è venuta nell'estate del 2010. Quando i quotidiani berlusconiani indicano come le società che avevano acquistato la casa di Montecarlo avevano sede ai Caraibi, nella piccola isola di Santa Lucia, appunto». Negli staterelli del Golfo Del Messico Valter fa affari da tempo, e ha ottime relazioni con persone influenti. «In primis l'allora presidente di Panama, Ricardo Martinelli. Lo conoscevo prima della sua scalata al potere: lui aveva supermercati a cui vendevo i prodotti pescati con le mie barche in Brasile. Chiesi aiuto a lui: mi disse che mi avrebbe aiutato con le autorità di Santa Lucia a far uscire le carte».

Valter Lavitola, il presidente di...
Valter Lavitola, il presidente di Panama Ricardo Martinelli e Berlusconi nel 2010

Avuto il placet per l'operazione dall'allora presidente del Consiglio italiano, Valter spiega di essere tornato a Panama. «Ricardo si mise a mia disposizione. Mi procurò un aereo privato con cui andai, per la prima volta, da Panama a Santa Lucia. Non partii da solo, ma con un uomo dei servizi inglesi, che mi aiutò durante tutta l'operazione. Fu lui a portarmi da un funzionario del governo dell’isola, dicendomi che ci avrebbe potuto dare una mano. O meglio: per 100 mila dollari ci avrebbe consegnato la copia di una email che avrebbe provato quello che tutti, in Italia, si stavano chiedendo. Ossia se la casa di Montecarlo fosse stata effettivamente comprata dal cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. La mail era stata mandata ad agosto 2010 dal broker James Walfenzao, un collaboratore dei Corallo , ai due fiduciari dei fondi segreti Printemps e Timara proprietari dell’appartamento. Nell’informativa Walfenzao parlava di un coinvolgimento diretto di Tulliani».

La mail, in effetti, fu pubblicata sull'Avanti a inizio ottobre del 2010. «Pago i centomila, afferro la copia della mail, e metto i duecentomila che mi restano in una cassetta di sicurezza. Dissi a Berlusconi che eravamo a cavallo, ma lui mi spiegò che con quel solo documento non inchiodavamo nessuno. Che ci voleva qualcosa di più: le carte originali delle società proprietarie della casa di Montecarlo».

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