La fake news ante litteram dell’assoluzione è facilmente smontabile. Per farla breve: i giudici di primo grado, nel 1999, mandarono assolto Andreotti con l’articolo 530 secondo comma, paragonabile alla vecchia insufficienza di prove; l’appello del 2003, invece, decretò il “non doversi procedere… in ordine al reato di associazione per delinquere… commesso fino alla primavera del 1980, per essere lo stesso reato estinto per prescrizione“; nel 2004 la Cassazione confermò riga per riga. Fine della storia. Fino al 1980 Andreotti ha “commesso” il reato di associazione per delinquere con Cosa nostra (il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, è stato introdotto soltanto nel 1982), che però è prescritto. Il giubilo della Bongiorno sorvola su questo non trascurabile dettaglio: Andreotti quel reato lo ha comunque “commesso”. Lo stesso, nelle cronache della sentenza, fanno molti quotidiani e tv, per non parlare dei politici. Il neo-piddino Pier Ferdinando Casini, tanto per stare in tema di candidati alle prossime politiche, allora presidente della Camera, si dichiarò “molto contento” di quella “assoluzione” e lamentò l’atteggiamento “persecutorio” nei confronti del vecchio leader.
Giulio Andreotti assolto? La fake news smontata nel libro di Caselli e Lo Forte
Ma al di là dei mal di pancia leghisti, Andreotti fu davvero assolto? La risposta è, semplicemente, no. Una verità inoppugnabile, che però ha bisogno di essere ribadita, dato che la santificazione dello “statista” e l’oblio sul vero esito di quel processo perdurano, cinque anni dopo la sua morte. La verità sul processo Andreotti è il titolo del libro di Gian Carlo Caselli e Guido Lo Forte (Editori Laterza, 122 pag., 12 euro), procuratore di Palermo all’epoca del processo il primo, pubblica accusa in aula il secondo, insieme a Roberto Scarpinato.
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