Di padre in figlio (e cognato)
Somme dirottate. Alcuni importi finiti all’azienda dei genitori dell’ex premier, altre a quelle di Donnini
(themeticulous.altervista.org) – Quando Matteo Renzi era sindaco di Firenze, da una società che doveva occuparsi delle cure dei bambini africani tramite le attività ludiche erano partiti 133 mila euro finiti alla Eventi6, azienda dei suoi genitori, mentre altri 129 mila e 4 mila erano arrivati rispettivamente alla Quality Press Italia e alla Dot Media, due società di Patrizio Donnini, uno degli esperti di comunicazione che ha curato alcune campagne dell’ex premier. Erano una piccola parte dei soldi stanziati da fondazioni benefiche alla Play Therapy Africa, società inglese diretta da Alessandro Conticini, ex funzionario dell’Unicef in Etiopia e fratello di Andrea, quest’ultimo marito di Matilde Renzi, sorella di Matteo.
Sono circa dieci i milioni di dollari che Unicef, Fondazione Pulitzer e altre organizzazioni hanno destinato a questa società, ramo della Play Therapy International (il cui scopo è curare i “pazienti” con attività ludiche) troncato dalla “casa madre” nel 2010. Di questi quasi 6,6 milioni sarebbero stati utilizzati in attività diverse, come un investimento immobiliare in Portogallo da quasi due milioni di euro.
Tramite una nuova rogatoria i magistrati fiorentini che coordinano l’inchiesta della guardia di finanza, il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Giuseppina Mione, hanno chiesto a quelle organizzazioni se abbiano intenzione di denunciare la presunta appropriazione indebita. Senza denunce l’inchiesta cadrebbe nel vuoto.
SU QUELL’IPOTESI di reato, contestata ad Alessandro Conticini, 42 anni, e al fratello 37enne Luca, che poteva operare sui conti della Play Therapy Africa e su quelli personali del fratello, si basa anche quella di autoriciclaggio, il trasferimento di fondi di provenienza illecita. Ad Andrea, gemello di Luca, è contestato il riciclaggio per aver acquistato a nome del fratello maggiore le quote delle società. Le rogatorie internazionali chieste dai pm hanno rivelato dettagli dei movimenti di denaro tra la Play Therapy Africa e i conti personali di Conticini.
Due anni fa, dopo l’apertura dell’inchiesta sulla base di una segnalazione dell’Ufficio informazione finanziaria della Banca d’Italia (che vigila sulle operazioni bancarie sospette), la polizia tributaria della Guardia di finanza e i pm sospettavano che somme di denaro fossero state “stornate in assenza di idonea causale in favore di Alessandro Conticini e poi impiegate per l’acquisto di partecipazioni societarie da parte del terzo fratello Andrea”. Società di persone vicine all’ex presidente del Consiglio.
Nel luglio 2016 il Fatto Quotidiano aveva documentato come nel febbraio 2011 Andrea Conticini, per conto di Alessandro, avesse rilevato il 20 per cento della Chil Srl (il resto era suddiviso tra le due sorelle di Matteo Renzi, ciascuna con quote del 36 per cento, e il restante otto per cento alla madre, Laura Bovoli), il 20 per cento della Dot Media e il 30 per cento della Quality Press, due società fondate da Donnini e dalla moglie Lilian Mammoliti.
COME SPIEGATO nel libro di Marco Lillo, Di padre in figlio (Paper First), in quel periodo del 2011 le cose non vanno molto bene dal punto di vista finanziario per la famiglia Renzi. Tiziano era alle prese con la restituzione del prestito concesso da una banca di Pontassieve e a mettere i soldi nel capitale della Chil è proprio Alessandro Conticini. Il fratello Andrea rappresenta Alessandro all’aumento di capitale fatto nel febbraio 2011. Quest’ultimo mette 60 mila euro nel capitale sociale. Per quanto riguarda le società di Donnini, quando quest’ultimo esce e cede le quote a Conticini, Dot Media fatturava 250 mila euro.
Negli anni seguenti gli affari crescono superando il milione di euro. Andrea Conticini spiegava così nel 2012 l’ingresso del fratello: “Aveva un po’ di soldi da parte e ha deciso di investire nelle società. Purtroppo sta andando male. Comunque Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze, non ha mai speso parole in favore nostro”. Il punto è diverso: la procura sospetta che quei soldi arrivino tramite le società di Conticini indirettamente e dopo giri strani dai fondi delle organizzazioni. Dopo gli accertamenti della Guardia di Finanza, cominciati nel 2015, la casa di Matilde Renzi e Andrea Conticini viene perquisita nell’estate 2016, momento in cui viene formalizzata l’ipotesi di reato nei confronti dei tre fratelli di Castenaso (Bologna), assistiti da Federico Bagattini.
Da allora, però, dell’inchiesta emerge ben poco e i tre, convocati a giugno per un interrogatorio, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Avrebbe avuto qualcosa da rivelare ai pm Monika Jephcott, fondatrice di Play Therapy International, che nel 2010 lascia la Play Therapy Africa inviando una segnalazione alla sede dell’Unicef di New York sui metodi amministrativi di Conticini.
Raggiunta da Il Fatto due anni fa, Jephcott affermava: “Siamo in grado di mettere a disposizione dei pm di Firenze i documenti, le mail, le prove che pensiamo potrebbero essere utili per permettere loro di capire cosa sia successo con Play Therapy Africa Ltd. Quando e se ci verrà chiesto per vie ufficiali dai procuratori o dai giudici di Firenze parleremo con loro attraverso i nostri avvocati e, sempre attraverso canali ufficiali, daremo loro le mail, i documenti e elementi di prova che potrebbero essere utili, o almeno così speriamo e pensiamo”. Da fonti investigative si apprende che gli inquirenti l’avevano convocata, ma lei non si è presentata. Ieri Il Fatto Quotidiano ha cercato di contattare Jephcott, ma non ha ottenuto risposte.
ANDREA GIAMBARTOLOMEI – il Fatto Quotidiano 10 agosto 2018
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