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26/03/19

Copyright, oggi il Parlamento Ue vota la riforma. Io di questa UE ne ho piene le palle, non è democrazia è una merdata pazzesca

Favorevoli al testo autori e grandi editori, mentre i piccoli rischiano di essere penalizzati. La norma prevede l’obbligo per le grandi piattaforme "distributrici" di contenuti di mettersi d’accordo con chi li produce e di installare sistemi di controllo - quindi automatici - per bloccare la condivisione di quanto è coperto dal diritto d'autore. Per protestare contro la direttiva sono scesi in piazza in migliaia in Germania e Wikipedia si è oscurata

Copyright, oggi il Parlamento Ue vota la riforma. Ecco i punti contestati: dal compenso per i media ai filtri

Wikipedia si oscura per protesta. L’enciclopedia online si schiera contro la direttiva UE sul copyright
L’articolo 13 – È il passaggio del testo più criticato, perché è quello che obbliga le grandi piattaforme a installare sistemi di controllo – quindi automatici – per bloccare la condivisione di materiali coperti da copyright. E c’è chi teme che gli utenti finali non possano più condividere le informazioni e scambiarle online proprio perché le grandi piattaforme, per paura di essere costrette a pagare, finiranno per applicare politiche tecnicamente molto restrittive. I sostenitori della legge però controbattono che gli users finali sono salvaguardati. Anche perché – sostengono – gli editori avranno tutta la convenienza a far diffondere le loro notizie ottenendo in cambio interessanti revenue. L’articolo 13 consente di colmare il ‘value gap’, ovvero il gap del valore tra i ricavi commerciali che le grandi piattaforme (le piccole non hanno obblighi, quelle di medie dimensioni ne hanno meno) fanno diffondendo contenuti protetti da copyright e la remunerazione agli autori o detentori dei diritti di questi contenuti, dai musicisti ai registi. Gli utenti non rischieranno più come oggi multe o sanzioni per aver caricato online materiale protetto da copyrightma l’onere della responsabilità sarà in capo alle piattaforme. Già oggi, ricorda tra l’altro Ansip, la stessa Youtube è in grado di riconoscere il 95% dei contenuti che ospita, eppure la remunerazione che va agli artisti dalle piattaforme basate sulla pubblicità è di appena 553 milioni di dollari nonostante 900 milioni di utenti. A differenza, invece, di quelle ad abbonamento come Spotify, che sebbene abbiano solo 211 milioni utenti riversano agli artisti 3,9 miliardi di dollari a livello globale.

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