Non succedeva così dai tempi delle leggi razziali contro gli ebrei. Ma i cinesi del ristorante "L'Internazionale" (sic) di Prato sembrano aver imparato bene la lezione: sbattono la porta in faccia agli italiani, facendo accomodare al tavolo solo chi ha gli occhi a mandarla.
A provarlo è stato un cronista de La Nazione, che ieri mattina si è presentato di persona nel locale incriminato. "Ad accoglierci - scrive La Nazione - il titolare del locale che fatica a mettere in fila due parole d’italiano. La richiesta è semplice: prenotare un tavolo per tre persone, all’ora di pranzo. "No, non si può", è la sua risposta. E per cena? "No, qui no". Niente da fare. Respinti, nonostante il locale sia vuoto e ci siano posti disponibili a bizzeffe".
E le porte rimangono serrate anche nei giorni successivi. Per gli italiani non c'è posto. "l messaggio è chiaro - scrive la Nazione - possono entrare solo i cinesi. Niente italiani. Ce ne andiamo".
Anche gli abitanti del quartiere confermano la deriva "razzista" del ristorante cinese. "Italiani lì non ne abbiamo mai visti - dicono - Forse qualcuno, parecchi anni fa, quando il locale fu inaugurato, poi basta". "Diversi clienti mi hanno detto di aver provato a fissare un tavolo, ma si sono sempre sentiti rispondere picche. La voce si è sparsa in giro e adesso nessuno ci prova più".
Non è questa l'unica grana per i gestori cinesi. Una volta un sopralluogo trova nei frigoriferi pezzi di carne importata illegalmente dalla Cina. Senza considerare che, contravvenendo alle regole, il titolare non parla una parola nella nostra lingua.
Il commercialista del locale, però, nega quanto scritto dalla Nazione. E al Tirreno fornisce un'altra versione. "Non scherziamo, forse si sono capiti male - dice Aldemaro Lascialfari - Il problema è che all'Internazionale spesso non aprono a pranzo, forse il titolare ha detto che era chiuso, ma per tutti, non solo per gli italiani". "D'altra parte - aggiunge - io ero a cena all'Internazionale proprio ieri sera con alcuni clienti e poco distante c'era un tavolo di italiani, dunque...".
Non succedeva così dai tempi delle leggi razziali contro gli ebrei. Ma i cinesi del ristorante "L'Internazionale" (sic) di Prato sembrano aver imparato bene la lezione: sbattono la porta in faccia agli italiani, facendo accomodare al tavolo solo chi ha gli occhi a mandarla.
A provarlo è stato un cronista de La Nazione, che ieri mattina si è presentato di persona nel locale incriminato. "Ad accoglierci - scrive La Nazione - il titolare del locale che fatica a mettere in fila due parole d’italiano. La richiesta è semplice: prenotare un tavolo per tre persone, all’ora di pranzo. "No, non si può", è la sua risposta. E per cena? "No, qui no". Niente da fare. Respinti, nonostante il locale sia vuoto e ci siano posti disponibili a bizzeffe".
E le porte rimangono serrate anche nei giorni successivi. Per gli italiani non c'è posto. "l messaggio è chiaro - scrive la Nazione - possono entrare solo i cinesi. Niente italiani. Ce ne andiamo".
Anche gli abitanti del quartiere confermano la deriva "razzista" del ristorante cinese. "Italiani lì non ne abbiamo mai visti - dicono - Forse qualcuno, parecchi anni fa, quando il locale fu inaugurato, poi basta". "Diversi clienti mi hanno detto di aver provato a fissare un tavolo, ma si sono sempre sentiti rispondere picche. La voce si è sparsa in giro e adesso nessuno ci prova più".
Non è questa l'unica grana per i gestori cinesi. Una volta un sopralluogo trova nei frigoriferi pezzi di carne importata illegalmente dalla Cina. Senza considerare che, contravvenendo alle regole, il titolare non parla una parola nella nostra lingua.
Il commercialista del locale, però, nega quanto scritto dalla Nazione. E al Tirreno fornisce un'altra versione. "Non scherziamo, forse si sono capiti male - dice Aldemaro Lascialfari - Il problema è che all'Internazionale spesso non aprono a pranzo, forse il titolare ha detto che era chiuso, ma per tutti, non solo per gli italiani". "D'altra parte - aggiunge - io ero a cena all'Internazionale proprio ieri sera con alcuni clienti e poco distante c'era un tavolo di italiani, dunque...".