Io non lo so il perchè,ma da quello che leggo sono un milione di musulmani che non sono cittadini birmani e che loro solito ovunque vanno ci sono problemi,l'unica è che se ne stiano nei loro paesi,lo so mi darete della razzista, però visto quello che combinano in europa lo dico con il cuore,se ne stiano nei loro paesi.
Loro pongono la religione a capo di tutto, lì in Birmania sono buddisti,cosa che non può andare d'accordo con l'islam, sono lontani anni luce, fossero come gli altri ,ossia hai la tua religione e rispetti le leggi dello stato dove sei ospite, invece a nome di allah pretendono che le leggi dei paesi ospitanti si adeguino ai loro dettami religiosi,allora l'unica è tornare al proprio paese, punto.
Non credo che una donna come la signora Aung San Suu Kyi sia razzista, manco se me lo fanno vedere e toccare, credo che l'islam è in una fase di conquista e che deve finire, cioè buoni si, amare pure,ma diventare loro schiavi no, si tengano il loro Dio, e rispettino le leggi degli stati dove pretendono come ospiti di comandare, basta, poi L'ONU è una schifezza e lo vediamo come si comportano con noi,perchè un paese allo stremo come l'Italia deve ospitare, dare ecc a milioni di islamici,ma siamo matti, tutti palestrati,ben messi, ospiti in alberghi a girare i pollici,ma annate a cagher,L'Arabia è piena di soldi e petrolio e può assistere queste popolazioni,appunto in nome del loro dio, mica è il mio dio è il loro e se lo gestiscano loro
Birmania, il silenzio di Aung San Suu Kyi sui rohingya: il premio Nobel per la pace non andrà all’Assemblea generale Onu
Mentre il segretario generale delle Nazioni unite parla di "pulizia etnica" e il Consiglio di sicurezza condanna "le violenze eccessive" contro la minoranza musulmana, la leader del Myanmar non sarà al vertice in programma la prossima settimana. Una petizione online chiede di toglierle il Nobel e l'ex ministro degli Esteri francesi la accusa di essere connivente con le persecuzioni
La situazione dei rohingya – Da anni, 1,1 milioni di rohingya vivono in un limbo, discriminati dalla maggioranza buddhistadella popolazione e disconosciuti dal governo di Naypiydaw, che li considera immigrati illegali provenienti dal Bangladesh. Nel 2012, le tensioni latenti tra buddhisti e musulmani sono deflagrate in una rivolta che è costata la vita a circa 200 persone, costringendo le autorità a proclamare lo stato d’emergenza nello stato del Rakhine. Salvo alcuni episodi isolati, la situazione sembrava tornare alla normalità fino a quando lo scorso ottobre alcune stazioni di polizia lungo il confine con il Bangladesh sono state oggetto di una serie di attacchi armati da parte dell’Arakan Rohingya Salvation Army (Arsa), sigla creata da Ata Ullah, un rohingya di origini pakistane, con contatti in Arabia Saudita, che si erge a protettore della minoranza islamica.
La “campagna di bonifica” dell’esercito – Da allora, secondo diverse testimonianze raccolte dalle Nazioni Unite e dalla stampa internazionale, l’esercito – spalleggiato da cittadini di religione buddhista – ha avviato una “campagna di bonifica” per sradicare i “terroristi” nello stato del Rakhine, sfociata in violenze e stupri contro i civili musulmani. Un’escalation in cui – secondo l’Onu – sono morte un centinaio di persone (per la maggior parte rohingya) e in cui l’intervento delle organizzazioni umanitarie è stato ostacolato dalle autorità che ne hanno condannato la presunta complicità con i terroristi. Stando alle stime governative, 176 dei 471 villaggi rohingya sono ormai disabitati o ridotti in macerie dai ribelli (dai militari birmani secondo gli intervistati). Oltre 300mila persone hanno abbandonato le proprie case per trovare rifugio nei campi profughi oltre il confine con il Bangladesh: una media di 20mila al giorno. E a poco serviranno i 77 milioni di dollari richiesti la scorsa settimana dalle Nazioni Unite per far fronte alla