La Legge Mosca del 1974 ha consentito a più di 35mila ex dipendenti di sindacati, partiti politici, movimenti cooperativi e patronati di andare in pensione con un regime contributivo agevolato. Un occhio di riguardo che è costato alle casse dello Stato 12,5 miliardi di euro e che il M5s punta ora a voler cancellare.
Secondo i deputati pentastellati la legge è viziata fin dalle fondamenta “poiché è stata proposta dall’onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della Cgil, per favorire partiti e sindacati”. Di conseguenza ha “rappresentato un palese caso di conflitto di interessi“. Tra i beneficiari della legge ci sono infatti molti nomi noti della politica e del sindacato, da Armando Cossutta (Pci) a Ottaviano del Turco (Psi), da Sergio D’Antoni (Cisl) a Franco Marini (Dc e Ppi) fino al presidente della Repubblica ed ex leader del Pci Giorgio Napolitano.
“A causa degli inadeguati criteri previsti per l’attribuzione del contributo previdenziale”, inoltre, “ha determinato una moltitudine di procedimenti giudiziari poiché ha permesso il riconoscimento di anni di ‘falsa’ attività lavorativa a molti di coloro che ne hanno beneficiato”. Valga come esempio il processo contro 111 lavoratori ‘fittizi’ di Pci, Dc, Cisl e Legacoop, “accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai prestato attività lavorativa, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative”.
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