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24/07/18

Caro saviano,boldrini e grasso.siete solo zecche ,parassiti,merde siete, basta, io voglio essere rappresentata da chi è come me, di voi ne ho piene le palle.

questo è fuori tutto, è come la boldrini radical chic che si spaccia per proletaria e grasso che si spaccia per antimafia, io che sono una proletaria di fatto,li mando a fare in culo tutti e tre,ma siamo matti, ma non sanno che vuol dire disagio economico,abitare in posti degradati,non sanno che vuol dire la paura di perdere il posto di lavoro,la casa la famiglia, loro non sanno nulla e vogliono solo comandare,mi fanno schifo,io proletaria doc, io che a 14 anni sono andata a lavorare e poi ancora rigorosamente in nero e a 48 ore a settimana,io che una decina d'anni ho perso i contributi perchè o lavoravi così o niente,io oggi che vivo in una casetta minuscola e sempre nella paura di non arrivare a fine mese, perchè la mia pensione se la mangia lo stato in bollette e varie tasse, ma io vi mando a fare in culo, siete il peggio del peggio,siete solo zecche ,parassiti,merde siete, basta, io voglio essere rappresentata da chi è come me, di voi ne ho piene le palle.

Alla ricerca dell'intellettuale perduto

Saviano non vuole creare un nuovo Gramsci ma prendere la funzione e darla a chiunque sia in grado di esercitarla. Prossimo step del dibattito a Nuovi Argomenti

"Dove siete? Perché vi nascondete?". Comincia così l'appello di Roberto Savianoa prendere posizione contro le politiche del governo 5 stelle-Lega, dentro le quali scorge "i germi di qualcosa di estremamente pericoloso", davanti a cui non si può più tacere. Cita Jean Paul Sartre, lo scrittore modello dell'intellettuale engagé. E potrebbe sembrare la riedizione di un antichissimo, e noioso dibattito: lo scrittore si deve schierare nella discussione pubblica, o deve fare il suo lavoro e basta? Invece Saviano, che a sua volta è l'incarnazione più moderna dello scrittore impegnato, non si rivolge solo agli scrittori e agli intellettuali della sua cerchia, si rivolge a tutti: "Giornalisti, cantanti, blogger, filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici, cuochi, stilisti, youtuber". Una novità che tiene conto di un elemento profetizzato da Karl Marx nei Grundrisse: ossia, che il progresso avrebbe creato un general intellect, cioè un'intelligenza diffusa, ramificata, come è quella che oggi vediamo in opera nei social network, dove molti hanno trovato una voce, costruito un piccolo pubblico, insomma una possibilità di influenza. Sono questi gli "scrittori" che Saviano chiama all'impegno. Non quelli con la pipa e gli occhiali spessi sulla rive gauche della Senna.
Probabilmente, quest'esigenza nasce dalla constatazione di un fallimento: l'ultima volta che gli intellettuali scesero in campo, in Italia, lo fecero rivolgendo appelli al movimento 5 stelle, per cercare di convincerlo a formare un governo con il Partito democratico di Pierluigi Bersani. Non ottennero nessun risultato. E, lentamente, scivolarono ai margini della scena pubblica. Oggi però – nonostante Saviano li inviti a uscire allo scoperto – alcuni intellettuali sono tornati a farsi sentire, piuttosto autonomamente, ciascuno con la propria voce. Come se l'avvento del governo di cambiamento 5 stelle-Lega si fosse imposto con una tale forza nella politica italiana che il vuoto d'aria generato dal suo passaggio ha risucchiato sui binari del dibattito delle idee anche coloro i quali, solitamente, preferivano osservare da lontano i treni sui quali viaggiavano le maggioranze e le minoranze parlamentari.

Per esempio, nella redazione di Nuovi Argomenti, la rivista letteraria fondata da Alberto Moravia e oggi diretta da Leonardo Colombati, da più di un mese si discute del prossimo numero, che inaugurerà la nuova serie. Uscirà a gennaio, si chiamerà Torre d'avorio e si interrogherà, appunto, sul ruolo degli intellettuali nella discussione pubblica. Risponderanno due vincitori del premio Strega come Alessandro Piperno e Nicola Lagioia, e un premio Oscar come Paolo Sorrentino. Più Emanuele Trevi, Lorenzo Pavolini, Carola Susani e lo stesso Colombati. Poi: sull'ultimo numero de l'Espresso, sono già intervenuti Michela Murgia e Zerocalcare, formulando un invito perentorio: "Ribelliamoci!". E il regista Paolo Virzì, in un'intervista rilasciata a David Allegranti del Foglio, è stato altrettanto diretto: "Mi davano della Cassandra quando dicevo: 'Guardate che questi sono fascisti'. Oh, purtroppo ho avuto ragione: sono fascisti per davvero". Per finire, Sandro Veronesi, sul Corriere della Sera, ha proposto di passare all'azione, salendo con il proprio corpo sulle barche che salvano i migranti in mare.
Gli interventi, insomma, non mancano. Eppure, la ricerca dell'intellettuale impegnato continua. Perché Roberto Saviano, il più raffinato e abile interprete del neo-interventismo, ha in mente qualcosa di più chiaro del tradizionale gesto dell'uomo di lettere: "La mobilitazione che vi chiedo è una mobilitazione che riguarda ciascuno di noi", scrive. L'esigenza che esprime è quella di una ricerca di un nuovo tipo di impegno intellettuale, un engagement molecolare, che riguarda la grande stella del cinema, così come il cittadino al di sopra di ogni sospetto di militanza culturale. Non desidera creare un nuovo Antonio Gramsci, ma prendere la funzione di Antonio Gramsci, spezzarla e darla a chiunque sia in grado di esercitarla, scrivendo, parlando, falsificando informazioni non vere, riportando dati, ironizzando.
D'altronde, nessuno più si sente in dovere di prendere in considerazione la parola che pronuncia uno scrittore in quanto scrittore, come succedeva quando decideva di intervenire Albert Camus. Neanche a Roberto Saviano è riconosciuta l'autorevolezza necessaria (il che non significa che non la abbia) per stabilire immediatamente una gerarchia tra ciò che scrive lui e ciò che scrive un blogger, una persona che ha letto centotredici libri sull'argomento in questione e uno che passava di lì.
"La categoria degli intellettuali intesa in senso collettivo, come ceto, è completamente svanita", spiega all'HuffPost Filippo La Porta, critico letterario e saggista. "L'ultimo in grado di esercitare il ruolo di interprete della coscienza civile del paese è stato Pier Paolo Pasolini. Nessuno ci è più riuscito dopo di lui". E questa non necessariamente è una disgrazia: "Franco Fortini affermava di essere contro il ruolo dell'intellettuale, ovvero contro ciò che garantisce i privilegi dell'appartenenza al circolo ristretto dei sapienti, ma decisamente a favore della funzione intellettuale, ossia dell'esercizio del pensiero critico, quello che ricerca ostinatamente la verità, opponendosi anche al potere, come hanno fatto una lunga serie di persone, da Socrate fino a Calvino". Tutti, oggi, hanno gli strumenti per essere degli scrittori engagé. Almeno, teoricamente. Rimane il problema classico di qualsiasi impegno intellettuale: si può vedere giusto, formulando analisi riconosciute come impeccabili. Eppure, questo non è mai stato sufficiente per cambiare la realtà.

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